Mi è capitato in questi giorni di andarmene un po’ in giro.
Niente di che, niente paesi caraibici o lontano oriente… ho semplicemente accompagnato a Bruxelles, a visitare il Parlamento europeo, una truppa di una ventina di ragazzi e ragazze intorno ai 20 anni.
Forse meno impressionati di quanto lo sarei stato io alla loro età, di prendere aerei per girare l’Europa – di fatto solo uno non aveva mai volato – e sicuramente molto più ben-abituati… in media, borse e trolleys ben più grandi e piene dello zainetto minuscolo che stava sulla mia schiena, con tutto quel che poteva servirmi per due giorni soli (e anzi come sempre qualche vestito si è rivelato d’avanzo).
Ma non volevo parlare di questo.
Volevo semplicemente raccontare di come, a sera, seduto sui gradini dell’ostello, è arrivata la consapevolezza di essere ancora e ancora lì, seduto al fresco sui gradini di un ostello di Bruxelles, appunto, per la… terza? quarta? volta della mia vita, in un arco di tempo che copre più o meno quindici anni – e come fai a non fare paragoni?
A parte le banalità, come il fatto di aver organizzato tutto da qui via internet, invece di sudare tra telefonate internazionali, cambi di valuta, orari europei dei treni, corse e code in biglietterie… – a parte queste piccole straordinarie trasformazioni, è chiaro che la più grande è quella mia, della mia faccia, del mio corpo, di quel che ho in testa.
Senza rimorsi, come ho subito scoperto srotolando il filo dei pensieri e dei paragoni, e mettendomi al cospetto di me stesso a vent’anni – in ogni caso nessun rimorso.
Con qualche rimpianto, certo, avrei potuto, se avessi saputo, se avessi capito, allora avrei fatto… ma credo che da questo non si scappi – anche se qui a volte pesano tonnellate, e sono un tarlo che scava.
Tra le tante cose guardate passare, ha colpito il fatto che tante porte si siano chiuse, tante opportunità siano scivolate via lentamente, senza che quasi me ne accorgessi, solo per il motivo di aver fatto (o non aver fatto) determinati passi, determinate azioni, determinate scelte… che poi è difficile considerare tali, dato che poche volte sono state frutto di decisioni razionali, e tantissime altre invece semplicemente risultati del quotidiano passare la giornata e affrontare quel che mi è venuto incontro.
Mi sono guardato intorno, da quel gradino di Bruxelles, tra la Chapelle e un fantastico skate park all’aperto, pubblico e autogestito, messo lì quasi con noncuranza eppure così smisuratamente diverso da qui, come la gente che si siede nelle aiuole o in piazza senza nessun problema… Ho visto un sacco di porte chiuse, per sempre, senza più chiave. E altre aperte, che non si vede dove portino.
Ok, andiamo.