Papi Silvio in un paese senza genitori

Ancora una volta, gli ottimi Wu Ming (qui in particolare il #1) mi colpiscono dal loro Giap con una lettura assolutamente efficace del fenomeno che da troppi anni chiamiamo berlusconismo. Oltre a invitare tutti a leggere per intero non solo l’intervento ma anche la ricchissima serie di commenti (che di nuovo mi fa ritornare alla domanda di qualche giorno fa… ma è un altro discorso), val la pena di sintetizzare e chiosare il messaggio. Faccio il bigino dei post altrui? Sì, se serve a diffondere questa roba, anche sì.

La tesi interessante è che, come pensiamo anche da queste parti, l’itaglia sia non un paese arretrato e retrogrado, ma un’avanguardia di sperimentazione delle trasformazioni in corso. E queste trasformazioni, di cui quello là è metafora vivente, riguardano la morte, la sparizione della figura simbolica del padre – che naturalmente simboleggia l’autorità, l’Ordine se volete – che si può seguire o contestare, ma che qui invece è scomparso, svanito sia nella sua tradizionale forma del padre severo che in quella più moderna e progressista del genitore comprensivo. Questo non è necessariamente un male, e anzi mi fa tornare in mente provocatorii titoli di antiche riviste, che al top della repressione e della distruzione dei movimenti  titolavano fiere “la rivoluzione è finita – abbiamo vinto”, e in un certo senso avevano pure ragione, dato che il modello socio-economico (dell’operaio-massa, per capirci…) che avevano combattuto stava svanendo o quantomeno preparandosi a cambiare continente per sempre.

La distruzione dell’autorità è alla base di quasi tutti i movimenti radicali, compresi ovviamente quelli che producevano e leggevano quelle riviste – probabilmente proprio perchè, come suggerisce Wu Ming, la cornice della famiglia è stata da sempre metafora di questa autorità, a partire dalla mai troppo vituperata parola Patria, con il suo bravo elenco di Padri della Patria in allegato, eccetera eccetera. Quindi da questo punto di vista, la sparizione del padre è un successo?

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Le passioni tristi

E’ evidente, che da ragazzino ero un accanito fan di Vasco Rossi.
Se avete un minimo di idea delle sue canzoni, si vede subito fin dal titolo del blog.

Poi uno cresce, continua a rispettare l’onestà e la voglia di viversi la propria vita pestando la faccia sui muri in prima persona, ma prende altre strade, anche musicali. E così ho fatto, anche se ho occasionalmente ancora gioito della niente affatto scontata decisione di Vasco, di parlare anche del mondo intorno, dell’Itaglia, delle ipocrisie e delle terribili banalità di questo paese, e di come si vive guardandosi indietro…

Adesso leggo da Repubblica.it che da qualche tempo, i concerti di Vasco iniziano con la sua voce che legge questa frase:

“Il filosofo Spinoza diceva che chi detiene il potere ha sempre bisogno che le persone siano affette da tristezza. Noi siamo qui questa sera per portarvi un po’ di gioia”

Mi sembra una cosa fantastica, soprattutto perchè la prima parte viene dritta dal buon vecchio Baruch Spinoza, roba di quasi quattrocento anni fa, di uno che aveva capito parecchio.

[Baruch Spinoza]

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