mi viene a cercare

E’ da tanto che non passo di qui.

Però è notte, e sono lontano, e mi sento un po’ solo, e allora giro sulla rete come non capitava da un po’… e gira e rigira, è la musica che mi viene a cercare, un link dopo l’altro, e arrivo qui.

Quando attacca quella linea di basso, se hai le casse appena appena in grazia di dio, lo senti quel rimbalzo che ti muove qualcosa. E’ come una cascata, viene fuori di tutto.

Notti a mixare dischi dub con suoni prodotti da tastiere giocattolo o quasi, notti infinite a parlare di tutto, chilometri in macchina con la radio, notti a pensare, a mettere in fila dischi e discorsi, provare e riprovare, e poi vai nel posto e aspetti mangiato dall’ansia e dall’agitazione, prima, che quasi non riesci a respirare, e poi tocca a te e quando tutto va bene poi vedi tutta la gente che salta e grida e lo sai che è la musica tua che la fa stare così, e arriva un’onda forte di energia che è la cosa più fantastica che si possa provare, e se non l’avete provata non lo sapete per davvero.

E tutto il tempo, e le facce, e le cose e le persone che sono cambiate o scomparse per sempre.

E quanta strada, e che bello sarebbe raccontarla tutta.
Quanto importante, quanto se lo merita.

Questa musica che ancora di notte mi viene a cercare come in sogno, e il mio cuore rallenta i suoi battiti…

Santo subito / 2

E spera e spera, un uomo arriverà 
l’immagino in strada, nei cortei, fra noi 
aver paura, piangere 
cercare i figli morti per lui –
E l’uomo in bianco scese dal cielo  
ma era al di là delle barricate – 
E l’uomo in bianco vide la morte 
ma era di là dalle barricate…

Questa canzone è incastrata nei denti da una cifra di anni.
Ne abbiamo già parlato, ma visto che siamo alla data ufficiale, è sempre meglio rinfrescare quel po’ di memoria che ci è data.

la mia parola è: socialità

Non essendo potuto essere presente a Firenze, a ProssimaItalia (che è il nome vero della “convention dei rottamatori”…), anche se avrei molto voluto, provo a recuperare da qua. Nel barcamp (perchè questo è stato) di tre giorni organizzato dal mio consigliere regionale preferito, si sono susseguiti interventi di 5 minuti su parole chiave, mescolati a spezzoni di film e canzoni. Di film e canzoni questo blog parla da tanti anni, e gli interventi di 5 minuti su parole chiave… beh sembravano proprio, dallo streaming su Il Post, uno di quei tantissimi momenti di confronto vero nelle mille riunioni, assemblee, verifiche, tavoli di progettazione ecc che da quando ragiono mi sono auto-inflitto 🙂 in gruppi scout, collettivi, associazioni, fino al mio lavoro sociale, insomma tutto quello che di buono c’è stato e c’è in questo paese – stranamente (?) sempre ben distante dai partiti politici e dalla loro gestione organizzata del consenso… e del potere. Se c’è anche solo la possibilità che questa roba contagi un partito, senza che si faccia contagiare dalla sua burocrazia immobilista, beh per me è già un ottimo risultato. Restando dove sto, comunque mi fa piacere. Ecco i miei cinque minuti:

La mia parola è: socialità.

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Unity, entry level.

Lavoro ad uno stand, in una iniziativa dentro il lazzaretto di Bergamo. Un chiostro grandissimo, con un bel prato curato nel mezzo: l’aria è subito quella di Monluè negli anni 90, quando era il movimento a organizzare incontri e concerti, e io ci passavo le notti con gli occhi spalancati, a respirare vita umana mentre intorno ci costruivano le gabbie per polli in cui siamo oggi.

Qui oggi sto tra stand di improbabili associazioni di volontariato a favore delle cause più impensabili, e tavoli di istituzioni che “ci devono essere”, ma naturalmente non gliene frega niente, e quindi delegano giovani stagiste in divisa che appena capiscono l’atmosfera subito si mettono a loro agio.

Scende la sera e la pioggia ci risparmia, resta una luce radente che se attraverso il prato mi fa vedere sagome senza facce, e forse proprio per quello tanto piacevoli da avere intorno, mentre dal palco un ripescato Finardi canta canzoni che una volta cantavo.

Tra le nuvole che si aprono, c’è la luna piena che si fa vedere, ed è tutto perfetto.

Uomini e donne che stanno insieme, che condividono uno spazio libero, con la musica che li fa galleggiare sulle stesse onde.

Serve a ricordarsi come mai ad un certo punto uno si trova dietro ai giradischi, e com’è che ci dedica così tanta energia, vita, passione.

Per ricompensa.

Io voglio solo nemici.

Con tanti amici, in una casa al lago in un capodanno di tantissimi anni fa.
Roba del secolo scorso, per dire.
Del millennio passato.

Anni di rabbia ribollente, di voglia di tagliare ogni legame per dare un motivo all’essere così tanto solo, tradito, abbandonato. Ripetevo come un mantra la canzone: non voglio più amici, io voglio solo nemici.

Da poco mi ero agganciato un promemoria alla carne; luccicava a lato del naso, per ricordare l’uscita d’emergenza presa da due ragazzi molto più giovani di me, e il cumulo di dolore e di macerie lasciato alle loro spalle, che bloccava quella strada per sempre.

E avevo fumato tantissimo, in continuazione, fino a sentirmi ogni fibra del corpo presente davanti a me, fino a un livello di consapevolezza che non conoscevo, fino a farmi trapassare dalla musica che circondava quella festa senza sosta. Un ritmo che mi scuoteva quasi con contrazioni involontarie, da non riuscire a smettere di tamburellare, da essere musica e non essere niente altro, come una corda tesa che finalmente trova chi la suona.

La mattina, solo davanti al piccolo specchio del bagno, ho detto va bene, adesso basta.
Si volta pagina.

Ma non per prendermi un grande impegno e giurare a me stesso di mantenerlo e raggiungere il risultato con grandi sforzi e sacrifici e sticazzi. Naaa, niente di questo.

Solo per prendere atto che era successo.
La musica scava il cielo, diceva quello.
A me aveva scavato dentro, ripulito, rimesso in sesto, dopo che la saggezza di re Salomone aveva riaperto la porta.

Da quella mattina, da quel risveglio, è stato tutto diverso.
Me lo sono ricordato da poco, ve lo regalo.

Le passioni tristi

E’ evidente, che da ragazzino ero un accanito fan di Vasco Rossi.
Se avete un minimo di idea delle sue canzoni, si vede subito fin dal titolo del blog.

Poi uno cresce, continua a rispettare l’onestà e la voglia di viversi la propria vita pestando la faccia sui muri in prima persona, ma prende altre strade, anche musicali. E così ho fatto, anche se ho occasionalmente ancora gioito della niente affatto scontata decisione di Vasco, di parlare anche del mondo intorno, dell’Itaglia, delle ipocrisie e delle terribili banalità di questo paese, e di come si vive guardandosi indietro…

Adesso leggo da Repubblica.it che da qualche tempo, i concerti di Vasco iniziano con la sua voce che legge questa frase:

“Il filosofo Spinoza diceva che chi detiene il potere ha sempre bisogno che le persone siano affette da tristezza. Noi siamo qui questa sera per portarvi un po’ di gioia”

Mi sembra una cosa fantastica, soprattutto perchè la prima parte viene dritta dal buon vecchio Baruch Spinoza, roba di quasi quattrocento anni fa, di uno che aveva capito parecchio.

[Baruch Spinoza]

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