Inciampo in due o tre versi, per caso, in una pagina di un sito. Da tanto non succedeva.
Roba seria: è la poesia, con la maiuscola.
E subito ti arriva come un’onda di piena, spazza via la cronachetta terribile di questo tempo di lancinante nazismo perbene, coi bisbigli saccenti di chi si crede diverso e migliore perchè lui sì saprebbe come fare – ma intanto si guarda bene dal fare qualunque cosa. E ti trascina in un tempo senza tempo, di uomini smisurati con vite maestose e drammi terribili e alzate di spalle, nell’epica nascosta in ogni vita, quella di cercare un senso ogni mattina e alzarsi anche se non l’hai trovato.
E’ una fuga? Sì, lo è. E’ anche una fuga. In tempi come questi, l’unico mezzo per mantenersi vivi e continuare a sognare, se proprio vogliamo andare a rimestare là in fondo, nello sgabuzzino dove stanno al buio le cose importanti.
Eppure è un miracolo che conosco, che ho vivisezionato, facendomi anche un po’ di male per cercare di andare a vedere come si fa, come funziona. E l’ho sentito, il respiro degli dei, il battito di cuore del mondo, dategli il nome che volete – era lì, dove è sempre stato, calmo e sorridente nel suo sterminato potere silenzioso.
Quando riemergi, ti sembra che solo uomini di un altro mondo e di un altro tempo potrebbero riuscire a riportare indietro quei frammenti brillanti. Quasi non ci credi, che sono persone normali ad averlo fatto. Anzi per qualche frequentazione con la consorteria, puoi affermare: molto meno che normali, a volte.
E mi viene istantaneamente un desiderio larghissimo di fermare tutto, accatastare giù dagli scaffali delle librerie due o tre montagne di roba e aprire a caso, un libro dopo l’altro, e vedere cosa incontro.