quando si tratta di scegliere e di andare

L’avevo detto, io.
L’avevo detto.

il cairo - piazza Tahrir ancora piena di manifestanti

Fastidioso come la motoretta dei cartoni animati, e anche analista geopolitico più fine e lungimirante di gente come il segretario di stato degli Stati Uniti signora Hillary Clinton, o il ministro degli esteri italiano signor Frattini – l’avevo detto ed era ovvio, che non potesse andare in un altro modo: comunque finirà, la fiammata di rivoluzione che dalla Tunisia si è allargata, investendo in pieno l’Egitto (per ora…), è roba da libri di storia.

Vedo in giro, a frenare gli entusiasmi e a consigliare una prudenza ridicola che nel 1989 non avevano nemmeno i comunisti più fedeli alla linea, una paura fottuta dei Fratelli Musulmani; certo non mi piacerebbe pensare agli egiziani (e alle egiziane!) finire dalla padella nella brace, con un altro Khomeini. E  in effetti l’Iran ce la sta mettendo tutta, a tentare di fare la mosca cocchiera di questa rivolta. Ma onestamente, non credo che tutto questo possa far finire sotto un regime di estremisti islamici gli egiziani. Per loro, prima di tutto  – che non se lo meritano; le nostre ansie occidentali da pericolo islamico sarebbero una volta di più da mettere tra parentesi – e le parentesi sono il solito discorso: tutti i dittatori mediorentali  e i loro regimi di democrazia monarchica sono stati lì perchè e fintantochè l’occidente li ha voluti, foraggiati, finanziati e ingozzati di soldi per garantire i suoi interessi, che son sempre i soliti: petrolio, rotte commerciali, e tutto il resto. E l’estremismo islamico è solo una reazione (ok, pericolosa, letale, tutto vero…) a questa porcheria che abbiamo combinato noi. Come mi diceva un vecchietto irlandese tanti anni fa su un treno, a proposito di un’altro terrorismo estremista, quello dell’IRA: “è un problema degli inglesi, loro l’hanno creato e adesso se lo devono risolvere loro. Noi non c’entriamo”. Ecco: nemmeno gli egiziani, credo.

E’ proprio esemplare, quello che sta succedendo: dopo i tentativi di esportare la democrazia a suon di bombardamenti, adesso che un sussulto di democrazia c’è, tutti si precipitano a soffocarlo e a limitarlo – in nome della famosa sicuressa, come sempre, e nella inconcepibile convinzione che con due belle parole e un po’ di “pressanti inviti” si possa far digerire a milioni di persone lo stesso dittatore che sono in piazza per ribaltare, o qualche suo leccapiedi col vestito nuovo.

Io invece mi chiedo chi vorrà parlare dell’incredibile situazione di autogestione di una città da 25 milioni di abitanti, come il Cairo, dove i manifestanti dirigono il traffico, fanno ronde antisaccheggio e sventano i tentativi di furto dentro al Museo egizio autorganizzando un servizio d’ordine. E le stesse cose succedono ad Alessandria, come racconta il direttore della Biblioteca. Mentre da noi le biblioteche si occupano di tutt’altro. Ho passato non più di 15 giorni in giro per il Cairo, in tutta la mia vita – ma diversi per strada, o ai tavoli del Fishawi o in giro per il mercato di Kahlili… e mi sento anche io, da qua, orgoglioso per quella gente.

Mi chiedo dove sono i discorsi e i paragoni sul clicktivismo occidentale e la mobilitazione vera, dei corpi di milioni di persone, che in Egitto passano dalla piazza a twitter e non restano in poltrona.

una donna egiziana bacia un poliziotto

Mi chiedo dove sono i discorsi degli utopisti (mi ci metto dentro anche io) che vedono nella rete lo strumento rivoluzionario che salverà il mondo, tanto da volerle dare il premio Nobel per la pace – quando poi Mubarak sigilla le connessioni al suo paese con tre telefonate e nessuno fiata.

E poi ovviamente mi chiedo con che faccia potrò ascoltare le fondazioni aziendali riempire i loro bilanci sociali di penosi discorsi su investing in the communities oppure di proclami sulla corporate responsibility (responsabilità sociale d’impresa), quando imprese come Vodafone sono responsabili qui solo di collaborazionismo con il regime, a cui hanno obbedito senza dire ma spegnendo anche tutte le linee di telefonia mobile.

Ma del resto è ovvio – è sempre così, solo che qui è tutto più chiaro, evidente. Sotto la luce del sole, che in Egitto è molto forte.

Sarà stato qualche anno passato a vivere faticosamente in occidente, o qualche anno di informazione fatta come si deve dalle tv arabe come Jazeera e Arabya, che han fatto capire a molta gente in Egitto che se si parla di democrazia, ognuno è responsabile. E quindi ha la responsabilità di fare la differenza.

L’occidente ancora va in giro impettito per averlo insegnato al mondo, ma in realtà se l’è subito dimenticato. E invece il mediterraneo ribolle, perchè c’è anche il Libano per aria e tra un po’ tocca alla Siria, e Israele fa dichiarazioni tra il preoccupato e il comico, perchè sa che questa faccenda ovviamente fa avvicinare il momento in cui dovrà prendere in mano una volta per sempre la questione palestinese.

E noi, siamo dentro alle barzellette.
Non per le stronzate di quello là e delle sue troie – che davvero mi interessano poco.
Ma perchè quello là, esattamente come Mubarak e  tutti gli altri, le sue troie e i suoi amichetti li infila in posti di governo che  dovrebbero avere una serietà, una dignità e un peso. Perchè proprio come Ben Alì, è stato messo lì da Craxi ed è un simbolo insopportabile di qualcosa che dovrebbe essere sparito da decenni.

Perchè davvero noi non siamo l’ultimo paese d’europa, ma il primo del maghreb e non perdiamo occasione per dimostrarlo.

E allora potremmo dimostrarlo ancora una volta, cacciando il nostro, di autocrate democraticamente eletto.
Ma non siamo all’altezza della Tunisia e dell’Egitto.

4 thoughts on “quando si tratta di scegliere e di andare

  1. Grazie lord 🙂

    intanto è stato mandato a casa dal re il governo della Giordania ( http://www.nytimes.com/aponline/2011/02/01/world/middleeast/AP-ML-Jordan-Cabinet.html?_r=1&hp ) e il presidente-a-vita della Siria mette le mani avanti ( http://online.wsj.com/article/SB10001424052748704832704576114340735033236.html). Per la cronaca invece il nostro ministro degli esteri… è a sciare: http://www.ilpost.it/2011/01/29/le-crisi-mondiali-viste-da-sestola/

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